ARCHIVES OF NEUROSCIENCES
AND PSYCHOCOMATICS
AND PSYCHOCOMATICS
ANNUS I - 2012
MEMORIA E TRAUMA
di Antonio Virgili
Come spesso accade, partendo dallo studio di problemi e situazioni di danno si traggono utili indicazioni anche sul normale funzionamento dei processi ad essi collegati, così è accaduto per i traumi e per la loro memorizzazione. Oggi è dimostrato che lo stesso stimolo è trattato in modi diversi dalla stessa persona a seconda dello stato soggettivo, emozionale che è attivo in quel momento e che influenza la formazione del ricordo. Lo stimolo ricevuto in un determinato stato o situazione si ricorda meglio quando si ripresenta questo stesso stato, c'è congruità quindi della memoria con l'umore, per cui ricordi spiacevoli sono più frequenti in stati tristi e depressi e, al contrario, ricordi piacevoli in stati di gioia e benessere. Lo stato emotivo costituisce di solito anche la ragione per cui un ricordo dimenticato può riaffiorare ed essere recuperato. Percezioni visive, uditive sono occasioni per far emergere ricordi sepolti, per segnalare sprazzi di esperienze passate. Tali memorie dipendono da condizioni particolari, vengono cioè rivissute in situazioni che ripropongono stimolazioni affettive simili. Come numerose ricerche hanno mostrato, in condizioni normali molte persone traumatizzate hanno un adattamento psicosociale abbastanza buono. Ma hanno reazioni inappropriate in situazioni di stress, in cui possono sentire o agire come se subissero di nuovo il trauma. Tali stati di alto arousal, cioè di forte attivazione, sembrano facilitare il recupero di ricordi traumatici, di dati sensoriali o comportamenti associati all'esperienza traumatica originaria. La memoria traumatica è quindi dipendente dallo stato, nel senso che uno stato di accresciuta attivazione fa riemergere ricordi relativi all'esperienza traumatica, scatenando stati affettivi ed immagini visive associati ad esso. I ricordi sono riattivati prevalentemente quando una persona è esposta ad una situazione, o si trova in uno stato somatico, che richiama quello presente al momento in cui il ricordo traumatico originario è stato immagazzinato.
Antonio Virgili°
° Docente di sessuologia sociale, Specializzato in Neurosociologia
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Stress e sistema immunitario
di Antonio Virgili
Negli ultimi anni, l’immunologia è progredita a tal punto da cambiare il modello concettuale di partenza: da scienza dei vaccini contro le malattie infettive a scienza del ruolo centrale del sistema immunitario in salute e malattia, grazie ai suoi diffusi collegamenti con il sistema neuroendocrino. La nascita della nuova immunologia si deve al danese N. K. Jerne che, nel 1974, propose uno schema organizzativo e di funzionamento generale del sistema immunitario nei termini di un network, che ha poi fornito la cornice teorica ai successivi sviluppi, con lo spostamento dell’attenzione su come si riequilibra la rete dopo la perturbazione. Non esiste organo che non sia monitorato dal sistema immunitario. Fino ad un pò di tempo fa, si pensava che il cervello non fosse raggiungibile dalle cellule immunitarie, sia per la funzione di filtro svolto dalla barriera emato-encefalica, sia per il fatto che il cervello non viene toccato dalla circolazione linfatica[1]. Il sistema immunitario si comporta come un organo di senso, deputato al riconoscimento di stimoli non cognitivi esterni ed interni (batteri, virus, tossine e cellule tumorali), per neutralizzare la loro potenzialità di destabilizzare l’organismo. Come già aveva intuito Jerne, la complessità e la diffusione del sistema immunitario nella maggior parte dei tessuti dell’organismo, lo assimilano al sistema nervoso:
a) in quanto costituito da cellule in grado di ricevere segnali eccitatori e inibitori
b) in quanto dotato di memoria
Per quanto riguarda il sistema immunitario, secondo il Lissoni, gli effetti dello stress possono essere descritti come il risultato di una sommatoria algebrica fra modificazioni neuro-endocrine ad azione immunodepressiva e quelle ad azione immunostimolante. Per tale motivo diversi tipi di stress produrrebbero effetti diversi, in relazione al tipo di stress ed alla variabilità individuale nella risposta psicobiologia[2]. Ciò posto, in generale si tende a confermare che stress acuti ma brevi tendono ad immunostimolare, mentre stress persistenti o cronici tendono ad immunodeprimere la riposta immunitaria (in particolare ciò è stato associato all’azione anticancerogena). I due sistemi comunicano in vari modi:
- fibre nervose innervano tutti gli organi linfoidi e le cellule immunitarie, formando delle vere eproprie sinapsi, denominate giunzioni neuroimmunitarie.
- i linfociti, i macrofagi e altre cellule immunitarie presentano i recettori per i principali neurotrasmettitori e neuropeptidi e, al tempo stesso, sono in grado di produrre neurormoni e sostanze attive sul sistema nervoso.
Per la presenza di recettori per numerosi neurotrasmettitori (adrenalina, noradrenalina e acetilcolina) e per numerosi ormoni ipotalamici e ipofisari, i linfociti possono essere considerati delle vere e proprie cellule neuroendocrine. Alla luce delle attuali conoscenze si può dire che la risposta all’antigene è fortemente condizionata dal sistema nervoso e da quello endocrino e che la sua attività dipende dall’ambiente neuroendocrino in cui avviene la reazione immunitaria.
[1] Il sistema immunitario, UNINA, Appunti del corso di immunologia, dispensa s.d.
[2] Lissoni P., Principi di psiconeuroendocrinoimunologia clinica, Natur Editore,2007
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Cellule e comunicazione ormonale
di Antonio Virgili
L’organismo umano è composto da una grande molteplicità di cellule. Si stima che il numero delle cellule che costituiscono un uomo di media corporatura sia di circa 100.000 miliardi. L’ordine di un sistema, a qualsiasi livello di complessità organizzativa lo si consideri, comporta informazione. Il che è come dire che per essere instaurato l’ordine a livello subcellulare, cellulare, di tessuto, di organo, di organismo e di specie sono necessari “messaggi” adeguati che inducano uno zigote di topo a diventare topo, cellule indifferenziate a differenziarsi adeguatamente e gruppi di cellule del tessuto ad interagire in modo funzionalmente corretto. La trasmissione avviene attraverso due strumenti principali: l’elettrico (trasmissione elettrotonica od elettrica) ed il chimico. Il meccanismo di questa seconda comunicazione consiste nel rilascio di messaggi molecolari da parte di cellule “emittenti”, nel loro trasporto fino a tutti i distretti del corpo ad opera dei fluidi corporei circolanti (per esempio il sangue o la linfa) e nella loro ricezione da parte di cellule-bersaglio capaci di riconoscerli. Ormoni -dal greco όρμάω “mettere in movimento”- è il nome generico dato a tali molecole, un insieme molto vasto di tipi molecolari, che differiscono per grandezza, composizione e struttura a seconda del tipo di informazione trasportato. L’insieme degli ormoni è parte della funzione del sistema endocrino (o apparato nella denominazione tradizionale).
Il significato biologico della comunicazione metabolica è fondamentalmente di due tipi. Il primo consiste nel controllare l’ordinato sviluppo di animali e piante multicellulari. Questi organismi sono comunità, altamente organizzate, di milioni o miliardi di cellule, tutte derivate da un’unica cellula (lo zigote) frutto della fusione di due gameti. L’organismo, infatti, è il frutto della ordinata collaborazione di gruppi di cellule capaci di svolgere funzioni specialistiche a vantaggio dell’intero sistema. Non si potrebbe definire organismo un insieme di cellule uguali, che riescono, sì, a sopravvivere e a svolgere le fondamentali funzioni metaboliche ma risultano incapaci di compiere servizi specifici a favore della comunità. Così come non si potrebbe definire società un gruppo umano in cui tutti siano uniformemente capaci di fare tutto, e non esistano categorie di persone che si sono specializzate a compiere lavori e funzioni specifici.
Buona parte del complesso lavorio della riproduzione e, soprattutto della specializzazione cellulare, che in termine tecnico si chiama differenziamento, è iniziato nel momento opportuno e diretto a buon fine dagli ormoni. Il secondo significato assunto dalla comunicazione metabolica riguarda le modifiche che l’organismo apporta al suo ambiente interno come reazione a stimoli di vario genere provenienti dall’ambiente circostante.
Avviene con una certa frequenza che le caratteristiche chimico-fisiche dell’ambiente in cui l’organismo vive cambino così drasticamente da rendere difficile, se non impossibile, la stessa sopravvivenza dell’organismo. In questo caso scattano i meccanismi “omeostatici” che tendono a riportare le condizioni dell’ambiente interno dell’organismo entro valori più adatti alla vita. Ad esempio è noto che la temperatura ottimale per la vita e la corretta funzionalità delle cellule del nostro organismo si aggira intorno ai 37 °C. Ciò non vuol dire, però, che si sia costretti a passare la vita in una camera termostatata. Al contrario, avviene spesso, per i più svariati motivi, che la temperatura ambientale salga al di sopra, o scenda al di sotto, del valore ottimale, senza che ciò implichi necessariamente per noi malesseri particolari né tanto meno la morte. Ciò è dovuto all’attivazione di opportuni meccanismi omeostatici che riportano la temperatura interna dell’organismo a valori prossimi a quelli ideali. Così, se la temperatura esterna è troppo alta si attiveranno meccanismi di sudorazione e di iperventilazione polmonare, mentre se è troppo bassa compariranno brividi e pelle d’oca.
In questo complesso sistema di azioni e di compensazioni, la comunicazione ormonale, insieme a quella nervosa, gioca un ruolo fondamentale. Gli ormoni, emessi da singole cellule o da gruppi di cellule a questo deputate, sono messaggi che raggiungono tutti i distretti dell’organismo, anche i più distanti, servendosi delle “vie d’acqua” dei suoi fluidi. Sono, un po’, come i messaggi chiusi nelle bottiglie ed affidati dai naufraghi alle correnti del mare. Non è possibile, in alcun modo, predeterminare il loro cammino e chi li invia può solo affidarsi alla speranza che, prima o poi, essi giungano a qualcuno capace di recepirli. Anche le cellule che inviano messaggi ormonali non possono influenzarne il percorso. Si limitano a rilasciare nel mezzo liquido corporeo molte molecole-messaggio, tutte identiche, in modo che ci sia una probabilità finita che almeno una di esse giunga a destinazione. Le cellule a cui questi messaggi sono diretti possono essere localizzate in regioni dell’organismo anche molto distanti dal punto di partenza del messaggio stesso. Ciò significa che il messaggio, prima della cellula a cui è diretto, ha modo di incontrare una gran quantità di altre cellule che non sono potenzialmente interessate ad esso. La cellula emittente invia i suoi messaggi sotto forma di molecole che colpiscono indiscriminatamente tutte le cellule che incontrano sul loro cammino, come le onde radio colpiscono indifferentemente tutte le antenne dei televisori o dei telefoni cellulari. Di tutte queste cellule però solo alcune, quelle “bersaglio”, sono attrezzate a riconoscere l’ormone. Per tutte le altre, le molecole ormonali che passano nelle adiacenze non rivestono alcun significato.
Le cellule bersaglio sono sensibili al corrispettivo ormone perché sono attrezzate a riconoscerlo. Sono dotate, sulla loro superficie, di piccole cavità, come nicchie, le cui pareti si adattano alla perfezione alle molecole ormonali, un pò come la serratura si adatta alla sua chiave od un guanto alla sua mano. Questo gioco ad incastro è talmente raffinato e perfetto che nessuna altra molecola, all’infuori di quella prevista, può entrare nella nicchia ed adattarsi alle sue pareti. Va così che solo un certo tipo di cellule è capace di captare un certo tipo di messaggio. Il tempo intercorso tra l’emissione del messaggio e la sua ricezione dipende fondamentalmente da due fattori: dalla velocità con cui i messaggi-molecole diffondono attraverso il mezzo liquido intercellulare e dalla distanza tra la cellula emittente e quella ricevente. La velocità di diffusione molecolare in un liquido è piuttosto lenta. Ha bisogno di alcune ore, per esempio, una qualsiasi molecola per diffondere da un capo all’altro del corpo di un animale piccolo come una mosca. Le ore diventano giorni e settimane se si sale con la taglia dell’animale considerato. Il sistema di comunicazione chimica ormonale è quindi, nell’insieme, piuttosto lento. Un altro sistema di comunicazione risulta invece molto veloce, è il sistema nervoso.
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di Antonio Virgili
L’organismo umano è composto da una grande molteplicità di cellule. Si stima che il numero delle cellule che costituiscono un uomo di media corporatura sia di circa 100.000 miliardi. L’ordine di un sistema, a qualsiasi livello di complessità organizzativa lo si consideri, comporta informazione. Il che è come dire che per essere instaurato l’ordine a livello subcellulare, cellulare, di tessuto, di organo, di organismo e di specie sono necessari “messaggi” adeguati che inducano uno zigote di topo a diventare topo, cellule indifferenziate a differenziarsi adeguatamente e gruppi di cellule del tessuto ad interagire in modo funzionalmente corretto. La trasmissione avviene attraverso due strumenti principali: l’elettrico (trasmissione elettrotonica od elettrica) ed il chimico. Il meccanismo di questa seconda comunicazione consiste nel rilascio di messaggi molecolari da parte di cellule “emittenti”, nel loro trasporto fino a tutti i distretti del corpo ad opera dei fluidi corporei circolanti (per esempio il sangue o la linfa) e nella loro ricezione da parte di cellule-bersaglio capaci di riconoscerli. Ormoni -dal greco όρμάω “mettere in movimento”- è il nome generico dato a tali molecole, un insieme molto vasto di tipi molecolari, che differiscono per grandezza, composizione e struttura a seconda del tipo di informazione trasportato. L’insieme degli ormoni è parte della funzione del sistema endocrino (o apparato nella denominazione tradizionale).
Il significato biologico della comunicazione metabolica è fondamentalmente di due tipi. Il primo consiste nel controllare l’ordinato sviluppo di animali e piante multicellulari. Questi organismi sono comunità, altamente organizzate, di milioni o miliardi di cellule, tutte derivate da un’unica cellula (lo zigote) frutto della fusione di due gameti. L’organismo, infatti, è il frutto della ordinata collaborazione di gruppi di cellule capaci di svolgere funzioni specialistiche a vantaggio dell’intero sistema. Non si potrebbe definire organismo un insieme di cellule uguali, che riescono, sì, a sopravvivere e a svolgere le fondamentali funzioni metaboliche ma risultano incapaci di compiere servizi specifici a favore della comunità. Così come non si potrebbe definire società un gruppo umano in cui tutti siano uniformemente capaci di fare tutto, e non esistano categorie di persone che si sono specializzate a compiere lavori e funzioni specifici.
Buona parte del complesso lavorio della riproduzione e, soprattutto della specializzazione cellulare, che in termine tecnico si chiama differenziamento, è iniziato nel momento opportuno e diretto a buon fine dagli ormoni. Il secondo significato assunto dalla comunicazione metabolica riguarda le modifiche che l’organismo apporta al suo ambiente interno come reazione a stimoli di vario genere provenienti dall’ambiente circostante.
Avviene con una certa frequenza che le caratteristiche chimico-fisiche dell’ambiente in cui l’organismo vive cambino così drasticamente da rendere difficile, se non impossibile, la stessa sopravvivenza dell’organismo. In questo caso scattano i meccanismi “omeostatici” che tendono a riportare le condizioni dell’ambiente interno dell’organismo entro valori più adatti alla vita. Ad esempio è noto che la temperatura ottimale per la vita e la corretta funzionalità delle cellule del nostro organismo si aggira intorno ai 37 °C. Ciò non vuol dire, però, che si sia costretti a passare la vita in una camera termostatata. Al contrario, avviene spesso, per i più svariati motivi, che la temperatura ambientale salga al di sopra, o scenda al di sotto, del valore ottimale, senza che ciò implichi necessariamente per noi malesseri particolari né tanto meno la morte. Ciò è dovuto all’attivazione di opportuni meccanismi omeostatici che riportano la temperatura interna dell’organismo a valori prossimi a quelli ideali. Così, se la temperatura esterna è troppo alta si attiveranno meccanismi di sudorazione e di iperventilazione polmonare, mentre se è troppo bassa compariranno brividi e pelle d’oca.
In questo complesso sistema di azioni e di compensazioni, la comunicazione ormonale, insieme a quella nervosa, gioca un ruolo fondamentale. Gli ormoni, emessi da singole cellule o da gruppi di cellule a questo deputate, sono messaggi che raggiungono tutti i distretti dell’organismo, anche i più distanti, servendosi delle “vie d’acqua” dei suoi fluidi. Sono, un po’, come i messaggi chiusi nelle bottiglie ed affidati dai naufraghi alle correnti del mare. Non è possibile, in alcun modo, predeterminare il loro cammino e chi li invia può solo affidarsi alla speranza che, prima o poi, essi giungano a qualcuno capace di recepirli. Anche le cellule che inviano messaggi ormonali non possono influenzarne il percorso. Si limitano a rilasciare nel mezzo liquido corporeo molte molecole-messaggio, tutte identiche, in modo che ci sia una probabilità finita che almeno una di esse giunga a destinazione. Le cellule a cui questi messaggi sono diretti possono essere localizzate in regioni dell’organismo anche molto distanti dal punto di partenza del messaggio stesso. Ciò significa che il messaggio, prima della cellula a cui è diretto, ha modo di incontrare una gran quantità di altre cellule che non sono potenzialmente interessate ad esso. La cellula emittente invia i suoi messaggi sotto forma di molecole che colpiscono indiscriminatamente tutte le cellule che incontrano sul loro cammino, come le onde radio colpiscono indifferentemente tutte le antenne dei televisori o dei telefoni cellulari. Di tutte queste cellule però solo alcune, quelle “bersaglio”, sono attrezzate a riconoscere l’ormone. Per tutte le altre, le molecole ormonali che passano nelle adiacenze non rivestono alcun significato.
Le cellule bersaglio sono sensibili al corrispettivo ormone perché sono attrezzate a riconoscerlo. Sono dotate, sulla loro superficie, di piccole cavità, come nicchie, le cui pareti si adattano alla perfezione alle molecole ormonali, un pò come la serratura si adatta alla sua chiave od un guanto alla sua mano. Questo gioco ad incastro è talmente raffinato e perfetto che nessuna altra molecola, all’infuori di quella prevista, può entrare nella nicchia ed adattarsi alle sue pareti. Va così che solo un certo tipo di cellule è capace di captare un certo tipo di messaggio. Il tempo intercorso tra l’emissione del messaggio e la sua ricezione dipende fondamentalmente da due fattori: dalla velocità con cui i messaggi-molecole diffondono attraverso il mezzo liquido intercellulare e dalla distanza tra la cellula emittente e quella ricevente. La velocità di diffusione molecolare in un liquido è piuttosto lenta. Ha bisogno di alcune ore, per esempio, una qualsiasi molecola per diffondere da un capo all’altro del corpo di un animale piccolo come una mosca. Le ore diventano giorni e settimane se si sale con la taglia dell’animale considerato. Il sistema di comunicazione chimica ormonale è quindi, nell’insieme, piuttosto lento. Un altro sistema di comunicazione risulta invece molto veloce, è il sistema nervoso.
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I DISTURBI DELL' UMORE: OSSERVAZIONI DI EZIOPATOLOGIA
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