ARCHIVES OF NEUROSCIENCES
AND PSYCHOSOMATICS
AND PSYCHOSOMATICS
ANNUS IV - 2015
Le nuove frontiere della biologia molecolare e delle neuroscienze
Riflessioni epistemologiche
di Antonio Virgili*
Nel 2002 il Prof. Sivik, dell'Università di Stoccolma, nell'introdurre i lavori di un congresso medico internazionale, affermava che la psico-somatologia sarebbe stato il paradigma medico del domani. Se si sia trattato di un debordare epistemologico o di una visione troppo di parte è forse ancora presto per dirlo ma certamente alcune modifiche significative degli approcci di studio e di clinica stanno diffondendosi al di là degli ambiti ristretti della ricerca di punta. Qualche anno dopo, nel 2006, il Prof. Kendall-Tackett, docente alla Texas Tech University School of Medicine, scriveva che “malattie - quali disturbi cardiaci, diabete, sclerosi multipla e disordini-hanno una eziologia infiammatoria. ……la ricerca ha mostrato che stati mentali e psicologici azionano lo stesso processo infiammatorio. In altre parole, stati mentali negativi possono azionare l'infiammazione, e quindi accrescere il rischio di malattia” Vale quindi la pena di comprendere un po' più in dettaglio il perché di tali affermazioni e quale sia la loro portata, partendo da uno dei temi centrali di studio: lo stress. "Stress" è un termine che oggi ricorre di frequente nel nostro linguaggio. L'uso e l'abuso di questo termine nel quotidiano hanno portato ad una eccessiva confidenza e inadeguata accettazione di tale fenomeno e delle delicate conseguenze sul piano patologico che questo produce. Si parla infatti spesso di stress in modo generico, ma in realtà si tratta di un tema molto concreto che riguarda la vita di un gran numero di persone nei loro diversi contesti (lavoro, famiglia, società, ecc.), e la scienza ci consente oggi di avere solidi argomenti per considerarlo una delle più diffuse cause di malessere e malattia nei Paesi industrializzati. Numerose sono infatti le patologie derivanti dallo stress, ormai definite "malattie dei tempi moderni", con le quali un po' tutti si trovano a fare i conti. Da ciò deriva l'attenzione crescente verso il tema dello stress e verso nuovi percorsi di studio e ricerca.' allora opportuno accennare ad alcune conseguenze epistemologiche di un diverso approccio di studio chiarendo che non si tratta quindi solo di un diverso metodo nel senso restrittivo tecnico, infatti l'epistemologia è una indagine critica intorno alla struttura logica e alla metodologia delle scienze. Già il Tecce, nel concludere una sintesi di aggiornamento sui progressi della biologia molecolare ricordava un'affermazione di Darwin: “é nulla di probante sia stato detto fino ad oggi, a mio parere, in favore dello sviluppo di un essere vivente a partire dalla materia inorganica, non posso impedirmi di credere, in accordo con la legge di continuità, che un giornoquesta possibilità possa essere dimostrata”.
Le implicazioni epistemologiche
Secondo il cosiddetto “centrale della biologia molecolare”, formulato da Francis Crick alla fine degli anni '50 e poi precisato nel 1970, l'informazione genetica contenuta nel DNA viene accuratamente trascritta in RNA, la quale viene poi tradotta, senza alcuna ambiguità, in una proteina, che costruirà la struttura da cui emergerà la funzione dell'organismo. Questa impostazione, che a “livello concettuale" rappresenta una netta vittoria della (antica) concezione “preformista” che afferma la presenza di tutta l'informazione necessaria allo sviluppo dell'organismo già nell'ovulo fecondato”, implica che il genoma è un' “invariante fondamentale”, la sede del “progetto” da cui sorgerà una sola configurazione, come scrisse Jacques Monod nel suo celebre caso e la necessità epistemologia di questo paradigma è limpida: ciò che conta per la vita sta nella sequenza delle basi del DNA; il comportamento dell'essere vivente e le caratteristiche dell'ambiente in cui vive hanno un valore solo in quanto possono entrare in conflitto più o meno parziale con l'informazione genica. La direzione di marcia della vita va quindi dai geni alle proteine e non viceversa. Di qui i corollari del dogma centrale: la supremazia dei geni sull'espressione concreta della vita (il fenotipo), sui comportamenti e sull'ambiente; la casualità della variabilità genetica e quindi della stessa evoluzione della vita. Negli ultimi anni, però, numerose osservazioni scientifiche contraddicono i pilastri del dogma centrale. Per esempio, in Biologia è da tempo assodato che il genotipo non spiega il fenotipo nel senso che un genotipo può dare più fenotipi: quindi da uno stesso programma genetico possono emergere più organismi e cioè diverse manifestazioni concrete delle vita. A livello di biologia molecolare, lo scoperta del cosiddetto “alternativo” ha demolito il dogma 1 gene = 1 proteina, sostituendolo con 1 gene = più proteine. Ma è chiaro che è anche possibile: più geni = 1 o più proteine. Crick assegnava comunque un ruolo centrale alla direzione del processo della vita, che il dogma enuncia nella sequenza: DNA_RNA_Proteine. Ovvero: l'informazione contenuta nel DNA viene duplicata, poi trascritta in RNA e infine tradotta in proteine. Non sarebbero quindi possibili movimenti inversi, di retroazione dell'RNA e delle proteine sul DNA. In realtà, è possibile - e in concreto accade - il movimento RNA_DNA, come è stato dimostrato dall'esistenza di RNA interferenti e cioè da molecole di RNA che invece di comandare la sintesi delle proteine hanno come compito quello di distruggere alcuni RNA prodotti e addirittura di bloccare (silenziare) il gene (DNA) che li ha prodotti. Inoltre sappiamo che ci sono RNA che funzionano da stampo per il DNA. Infine, sembra ampiamente documentato anche il movimento Proteine_DNA, non nel senso che dalle proteine può venire la sintesi del DNA, bensì nel senso, non meno rilevante, che sono le proteine che attivano questo o quel segmento di DNA, funzionando da cosiddetti fattori di trascrizione e cioè da segnali essenziali per far partire la macchina genetica. Ma c'è un altro punto importante: è ormai assodato che i cambiamenti nel genoma non riguardano semplicemente le classiche mutazioni nella sequenza delle basi, ma anche l'espressione di questa o quella sequenza genica (epigenesi). In sostanza, per cambiare l'informazione genica non necessariamente bisogna cambiare la scrittura fondamentale del genoma, basterebbe anche cambiare il programma di espressione delle informazioni contenute in quelle sequenze. Ci potrebbe essere una sorta di sovrascrittura sul testo di base, usando una simbologia che inibisce e attiva questa o quella sequenza genica. Questa sovrascrittura (epigenoma) viene ereditata dalla cellula quando si divide (mitosi), ma ci sono dati che dimostrano che, almeno in parte, l'epigenoma può trasmettersi tramite le cellule seminali (meiosi) e quindi per via ereditaria trans-generazionale. Questa plasticità e flessibilità del genoma trova esempi importanti nel comportamento delle cellule immunitarie e dei neuroni. In particolare, abbiamo numerose evidenze che la psiche e i comportamenti sono in grado di modellare il cervello, il cui programma genico è quindi ampiamente influenzato dalla retroazione della coscienza, delle emozioni e dei comportamenti.
In conclusione, sono troppi i fenomeni che non trovano spiegazione nella linearità univoca del dogma centrale e che quindi richiedono un nuovo modello scientifico: “fatto che il sistema nervoso centrale determini il comportamento è un concetto universalmente accettato; il contrario, ovvero la capacità del comportamento di influenzare la struttura e la funzione cerebrale, è invece un'idea che ancora oggi, sebbene ampiamente provata, è poco diffusa”. Questa riflessione di Igor Branchi ed Enrico Alleva, dell'Istituto superiore di sanità, pronunciata nel corso di un seminario all'Accademia Nazionale dei Lincei, riassume efficacemente l'opinione comune nella comunità scientifica, secondo la quale la relazione geni-comportamenti è a una sola via, va dai geni ai comportamenti e non da quest'ultimi ai primi. È evidente, infatti, che, se i comportamenti - come scrivono i due studiosi del comportamento animale - sono in grado di influenzare la struttura e la funzione cerebrale, anche i geni, che presiedono alla struttura e alle funzioni cerebrali, vengono ad essere influenzati. Questo influenzamento genetico da parte dei comportamenti è provato e descritto dagli studi di epigenetica. Certamente non è in discussione l'evoluzionismo o la centralità della ricerca genetica, ma è sotto accusa un paradigma scientifico, neo-darvinista e riduzionista, ancorato a una visione metafisica del genoma, il cui cambiamento viene concepito possibile solo casualmente e che non contempla la retroazione adattativa dell'organismo sull'ambiente. In realtà, come detto, i meccanismi epigenetici non sono circoscritti alle prime fasi dello sviluppo embrionale, bensì sono attivi anche nell'adulto rappresentando la risposta adattativa del genoma all'ambiente e alle sue modificazioni. Il genoma, di per sé, è l'insieme di una gamma di adattamenti all'ambiente, che può essere più o meno valido anche in virtù di possibili difetti contenuti nella sequenza delle basi, ma esso esprime solo una potenzialità: per passare dalla potenza all'atto deve essere sottoposto a un programma di espressione. Adesso è chiaro che il genoma è programmato dall'epigenoma. Infatti l'aver realizzato che il genoma è programmato dall'epigenoma e che questa programmazione potrebbe essere importante come la sequenza stessa nella funzionalità esecutiva del genoma, offre un nuovo approccio all'annoso mistero delle interazioni gene-ambiente. Ma le implicazioni vanno oltre. L'epigenetica ha infatti implicazioni plurime: obbliga una riconsiderazione dello stesso paradigma evoluzionista neo-darwiniano; consente di rintracciare nelle “impostazioni iniziali della vita” le radici di disordini che si manifestano nella vita adulta; apre possibilità di indagine precoce su modificazioni cellulari epigenetiche che possono dar luogo a patologie rilevanti (es.: cancro, malattie cardiovascolari e autoimmuni) promettendo nuovi possibili interventi di correzione dell'errore epigenetico sia tramite farmaci che tramite comportamenti (dieta, attività fisica, gestione dello stress). Sembrerebbe, secondo alcuni studiosi, di essere quasi all'inizio di un epocale cambiamento del paradigma della biologia molecolare, evento dalle conseguenze molteplici, tra cui una davvero essenziale: il nuovo modello molecolare si coniuga perfettamente con la visione sistemica dell'organismo umano che la PNEI (Psico Neuro Endocrino Immunologia) è venuta costruendo nel corso dell'ultimo mezzo secolo.
Il paradigma causale sperimentale classico prevalente tende, come si è detto, ad un riduzionismo ampio per poter procedere alle verifiche sperimentali. Tale riduzionismo che sembra portare ad una miniaturizzazione semplificata dei processi ha, evidentemente delle contropartite non marginali. La sperimentabilità piena di alcune situazioni, danni o traumi è limitata in situazioni di laboratorio ma è ampia nella casistica naturale del mondo reale ove guerre, attentati, discriminazioni, violenze di vario genere producono situazioni studiabili sebbene con incontrollabilità delle variabili intervenienti. Molti parametri vanno rapportati a situazioni pregresse ed alla variabilità individuale sia fisica che psichica ed interpretativa (ovvero il valore soggettivo), con ciò limitando grandemente la generalizzabilità dei risultati. La ricerca di un approccio integrativo, cioè non sostitutivo dei precedenti sebbene ispiratore di una revisione e rinnovamento dei modelli preesistenti, e neppure puramente incrementale cioè aggiuntivo rispetto ai modelli precedenti, ma separato da essi quindi estraneo di fatto alle discipline esistenti ed ai loro modelli di analisi.
Al di là della complessità dei modelli e della loro struttura (sistemici aperti, dinamici a struttura complessa, ecc.) ruolo importante hanno gli strumenti di rilevazione ed analisi, ovvero gli strumenti di indagine. Essi sono usualmente divisi in sperimentali e clinici, i primi applicati per lo studio dei soggetti normali a scopo conoscitivo, i secondi generalmente applicati ai pazienti con disturbi psichici o danni neurologici impiegati per lo più a fini diagnostici.
Si potrebbero chiudere queste riflessioni ad orientamento epistemologico con le parole del Prof. Chahwan, che evidenziano un ulteriore aspetto delle scoperte e delle innovazioni di questi ultimi decenni: “in questa era di medicina molecolare, comprendere la dualità dell'informazione biologica, cioè quella genetica e la epigenetica, sta diventando molto importante per la prevenzione, la diagnosi e la terapia delle malattie”.
[* Ricercatore indipendente, Specializzato in Neurosociologia]
© Prof. Antonio Virgili
Riflessioni epistemologiche
di Antonio Virgili*
Nel 2002 il Prof. Sivik, dell'Università di Stoccolma, nell'introdurre i lavori di un congresso medico internazionale, affermava che la psico-somatologia sarebbe stato il paradigma medico del domani. Se si sia trattato di un debordare epistemologico o di una visione troppo di parte è forse ancora presto per dirlo ma certamente alcune modifiche significative degli approcci di studio e di clinica stanno diffondendosi al di là degli ambiti ristretti della ricerca di punta. Qualche anno dopo, nel 2006, il Prof. Kendall-Tackett, docente alla Texas Tech University School of Medicine, scriveva che “malattie - quali disturbi cardiaci, diabete, sclerosi multipla e disordini-hanno una eziologia infiammatoria. ……la ricerca ha mostrato che stati mentali e psicologici azionano lo stesso processo infiammatorio. In altre parole, stati mentali negativi possono azionare l'infiammazione, e quindi accrescere il rischio di malattia” Vale quindi la pena di comprendere un po' più in dettaglio il perché di tali affermazioni e quale sia la loro portata, partendo da uno dei temi centrali di studio: lo stress. "Stress" è un termine che oggi ricorre di frequente nel nostro linguaggio. L'uso e l'abuso di questo termine nel quotidiano hanno portato ad una eccessiva confidenza e inadeguata accettazione di tale fenomeno e delle delicate conseguenze sul piano patologico che questo produce. Si parla infatti spesso di stress in modo generico, ma in realtà si tratta di un tema molto concreto che riguarda la vita di un gran numero di persone nei loro diversi contesti (lavoro, famiglia, società, ecc.), e la scienza ci consente oggi di avere solidi argomenti per considerarlo una delle più diffuse cause di malessere e malattia nei Paesi industrializzati. Numerose sono infatti le patologie derivanti dallo stress, ormai definite "malattie dei tempi moderni", con le quali un po' tutti si trovano a fare i conti. Da ciò deriva l'attenzione crescente verso il tema dello stress e verso nuovi percorsi di studio e ricerca.' allora opportuno accennare ad alcune conseguenze epistemologiche di un diverso approccio di studio chiarendo che non si tratta quindi solo di un diverso metodo nel senso restrittivo tecnico, infatti l'epistemologia è una indagine critica intorno alla struttura logica e alla metodologia delle scienze. Già il Tecce, nel concludere una sintesi di aggiornamento sui progressi della biologia molecolare ricordava un'affermazione di Darwin: “é nulla di probante sia stato detto fino ad oggi, a mio parere, in favore dello sviluppo di un essere vivente a partire dalla materia inorganica, non posso impedirmi di credere, in accordo con la legge di continuità, che un giornoquesta possibilità possa essere dimostrata”.
Le implicazioni epistemologiche
Secondo il cosiddetto “centrale della biologia molecolare”, formulato da Francis Crick alla fine degli anni '50 e poi precisato nel 1970, l'informazione genetica contenuta nel DNA viene accuratamente trascritta in RNA, la quale viene poi tradotta, senza alcuna ambiguità, in una proteina, che costruirà la struttura da cui emergerà la funzione dell'organismo. Questa impostazione, che a “livello concettuale" rappresenta una netta vittoria della (antica) concezione “preformista” che afferma la presenza di tutta l'informazione necessaria allo sviluppo dell'organismo già nell'ovulo fecondato”, implica che il genoma è un' “invariante fondamentale”, la sede del “progetto” da cui sorgerà una sola configurazione, come scrisse Jacques Monod nel suo celebre caso e la necessità epistemologia di questo paradigma è limpida: ciò che conta per la vita sta nella sequenza delle basi del DNA; il comportamento dell'essere vivente e le caratteristiche dell'ambiente in cui vive hanno un valore solo in quanto possono entrare in conflitto più o meno parziale con l'informazione genica. La direzione di marcia della vita va quindi dai geni alle proteine e non viceversa. Di qui i corollari del dogma centrale: la supremazia dei geni sull'espressione concreta della vita (il fenotipo), sui comportamenti e sull'ambiente; la casualità della variabilità genetica e quindi della stessa evoluzione della vita. Negli ultimi anni, però, numerose osservazioni scientifiche contraddicono i pilastri del dogma centrale. Per esempio, in Biologia è da tempo assodato che il genotipo non spiega il fenotipo nel senso che un genotipo può dare più fenotipi: quindi da uno stesso programma genetico possono emergere più organismi e cioè diverse manifestazioni concrete delle vita. A livello di biologia molecolare, lo scoperta del cosiddetto “alternativo” ha demolito il dogma 1 gene = 1 proteina, sostituendolo con 1 gene = più proteine. Ma è chiaro che è anche possibile: più geni = 1 o più proteine. Crick assegnava comunque un ruolo centrale alla direzione del processo della vita, che il dogma enuncia nella sequenza: DNA_RNA_Proteine. Ovvero: l'informazione contenuta nel DNA viene duplicata, poi trascritta in RNA e infine tradotta in proteine. Non sarebbero quindi possibili movimenti inversi, di retroazione dell'RNA e delle proteine sul DNA. In realtà, è possibile - e in concreto accade - il movimento RNA_DNA, come è stato dimostrato dall'esistenza di RNA interferenti e cioè da molecole di RNA che invece di comandare la sintesi delle proteine hanno come compito quello di distruggere alcuni RNA prodotti e addirittura di bloccare (silenziare) il gene (DNA) che li ha prodotti. Inoltre sappiamo che ci sono RNA che funzionano da stampo per il DNA. Infine, sembra ampiamente documentato anche il movimento Proteine_DNA, non nel senso che dalle proteine può venire la sintesi del DNA, bensì nel senso, non meno rilevante, che sono le proteine che attivano questo o quel segmento di DNA, funzionando da cosiddetti fattori di trascrizione e cioè da segnali essenziali per far partire la macchina genetica. Ma c'è un altro punto importante: è ormai assodato che i cambiamenti nel genoma non riguardano semplicemente le classiche mutazioni nella sequenza delle basi, ma anche l'espressione di questa o quella sequenza genica (epigenesi). In sostanza, per cambiare l'informazione genica non necessariamente bisogna cambiare la scrittura fondamentale del genoma, basterebbe anche cambiare il programma di espressione delle informazioni contenute in quelle sequenze. Ci potrebbe essere una sorta di sovrascrittura sul testo di base, usando una simbologia che inibisce e attiva questa o quella sequenza genica. Questa sovrascrittura (epigenoma) viene ereditata dalla cellula quando si divide (mitosi), ma ci sono dati che dimostrano che, almeno in parte, l'epigenoma può trasmettersi tramite le cellule seminali (meiosi) e quindi per via ereditaria trans-generazionale. Questa plasticità e flessibilità del genoma trova esempi importanti nel comportamento delle cellule immunitarie e dei neuroni. In particolare, abbiamo numerose evidenze che la psiche e i comportamenti sono in grado di modellare il cervello, il cui programma genico è quindi ampiamente influenzato dalla retroazione della coscienza, delle emozioni e dei comportamenti.
In conclusione, sono troppi i fenomeni che non trovano spiegazione nella linearità univoca del dogma centrale e che quindi richiedono un nuovo modello scientifico: “fatto che il sistema nervoso centrale determini il comportamento è un concetto universalmente accettato; il contrario, ovvero la capacità del comportamento di influenzare la struttura e la funzione cerebrale, è invece un'idea che ancora oggi, sebbene ampiamente provata, è poco diffusa”. Questa riflessione di Igor Branchi ed Enrico Alleva, dell'Istituto superiore di sanità, pronunciata nel corso di un seminario all'Accademia Nazionale dei Lincei, riassume efficacemente l'opinione comune nella comunità scientifica, secondo la quale la relazione geni-comportamenti è a una sola via, va dai geni ai comportamenti e non da quest'ultimi ai primi. È evidente, infatti, che, se i comportamenti - come scrivono i due studiosi del comportamento animale - sono in grado di influenzare la struttura e la funzione cerebrale, anche i geni, che presiedono alla struttura e alle funzioni cerebrali, vengono ad essere influenzati. Questo influenzamento genetico da parte dei comportamenti è provato e descritto dagli studi di epigenetica. Certamente non è in discussione l'evoluzionismo o la centralità della ricerca genetica, ma è sotto accusa un paradigma scientifico, neo-darvinista e riduzionista, ancorato a una visione metafisica del genoma, il cui cambiamento viene concepito possibile solo casualmente e che non contempla la retroazione adattativa dell'organismo sull'ambiente. In realtà, come detto, i meccanismi epigenetici non sono circoscritti alle prime fasi dello sviluppo embrionale, bensì sono attivi anche nell'adulto rappresentando la risposta adattativa del genoma all'ambiente e alle sue modificazioni. Il genoma, di per sé, è l'insieme di una gamma di adattamenti all'ambiente, che può essere più o meno valido anche in virtù di possibili difetti contenuti nella sequenza delle basi, ma esso esprime solo una potenzialità: per passare dalla potenza all'atto deve essere sottoposto a un programma di espressione. Adesso è chiaro che il genoma è programmato dall'epigenoma. Infatti l'aver realizzato che il genoma è programmato dall'epigenoma e che questa programmazione potrebbe essere importante come la sequenza stessa nella funzionalità esecutiva del genoma, offre un nuovo approccio all'annoso mistero delle interazioni gene-ambiente. Ma le implicazioni vanno oltre. L'epigenetica ha infatti implicazioni plurime: obbliga una riconsiderazione dello stesso paradigma evoluzionista neo-darwiniano; consente di rintracciare nelle “impostazioni iniziali della vita” le radici di disordini che si manifestano nella vita adulta; apre possibilità di indagine precoce su modificazioni cellulari epigenetiche che possono dar luogo a patologie rilevanti (es.: cancro, malattie cardiovascolari e autoimmuni) promettendo nuovi possibili interventi di correzione dell'errore epigenetico sia tramite farmaci che tramite comportamenti (dieta, attività fisica, gestione dello stress). Sembrerebbe, secondo alcuni studiosi, di essere quasi all'inizio di un epocale cambiamento del paradigma della biologia molecolare, evento dalle conseguenze molteplici, tra cui una davvero essenziale: il nuovo modello molecolare si coniuga perfettamente con la visione sistemica dell'organismo umano che la PNEI (Psico Neuro Endocrino Immunologia) è venuta costruendo nel corso dell'ultimo mezzo secolo.
Il paradigma causale sperimentale classico prevalente tende, come si è detto, ad un riduzionismo ampio per poter procedere alle verifiche sperimentali. Tale riduzionismo che sembra portare ad una miniaturizzazione semplificata dei processi ha, evidentemente delle contropartite non marginali. La sperimentabilità piena di alcune situazioni, danni o traumi è limitata in situazioni di laboratorio ma è ampia nella casistica naturale del mondo reale ove guerre, attentati, discriminazioni, violenze di vario genere producono situazioni studiabili sebbene con incontrollabilità delle variabili intervenienti. Molti parametri vanno rapportati a situazioni pregresse ed alla variabilità individuale sia fisica che psichica ed interpretativa (ovvero il valore soggettivo), con ciò limitando grandemente la generalizzabilità dei risultati. La ricerca di un approccio integrativo, cioè non sostitutivo dei precedenti sebbene ispiratore di una revisione e rinnovamento dei modelli preesistenti, e neppure puramente incrementale cioè aggiuntivo rispetto ai modelli precedenti, ma separato da essi quindi estraneo di fatto alle discipline esistenti ed ai loro modelli di analisi.
Al di là della complessità dei modelli e della loro struttura (sistemici aperti, dinamici a struttura complessa, ecc.) ruolo importante hanno gli strumenti di rilevazione ed analisi, ovvero gli strumenti di indagine. Essi sono usualmente divisi in sperimentali e clinici, i primi applicati per lo studio dei soggetti normali a scopo conoscitivo, i secondi generalmente applicati ai pazienti con disturbi psichici o danni neurologici impiegati per lo più a fini diagnostici.
Si potrebbero chiudere queste riflessioni ad orientamento epistemologico con le parole del Prof. Chahwan, che evidenziano un ulteriore aspetto delle scoperte e delle innovazioni di questi ultimi decenni: “in questa era di medicina molecolare, comprendere la dualità dell'informazione biologica, cioè quella genetica e la epigenetica, sta diventando molto importante per la prevenzione, la diagnosi e la terapia delle malattie”.
[* Ricercatore indipendente, Specializzato in Neurosociologia]
© Prof. Antonio Virgili